Il
ghetto
Sommario
I. Ghetto
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Definizione di ghetto;
-
Nascita del ghetto;
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Cosa intendiamo oggi per ghetto.
II. Il Ghetto di
Varsavia
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Definizione del Ghetto di Varsavia;
-
Il luogo
-
Quotidianità all'interno del ghetto.
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Differenze tra il Ghetto di Varsavia e altri ghetti europei;
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III. Fine del Ghetto di
Varsavia
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La grande deportazione (22 luglio 1942 – 21 settembre 1942);
-
La rivolta e la distruzione del ghetto.
IV. Conclusione
Bibliografia e sitografia
Ghetto
I. Definizione di ghetto
Anticamente il termine ghetto
indicava un quartiere della città in cui gli ebrei erano costretti
ad abitare, e dove venivano rinchiusi durante la notte.
II. Nascita del ghetto
Fu
istituito da Papa Paolo IV nel 1555. L'ultimo ghetto di questo tipo
ad essere abolito, fu quello di Roma nel 1870. Il
nazismo ripristinò i ghetti nell’Est Europa. Solo in Polonia erano
400. Durante la seconda guerra mondiale vi furono concentrati gli
ebrei, privati di ogni diritto e costretti a vivere in grande
miseria.
III.
Cosa intendiamo oggi per ghetto
Attualmente col nome ghetto si
indica un'area nella quale persone considerate (o che si considerano)
di un determinato gruppo etnico, culturale o religioso, vivono in
gruppo volontariamente o meno, più o meno separati dagli altri.
Il Ghetto di Varsavia
I. Definizione del
Ghetto di Varsavia
Il
ghetto di Varsavia fu istituito dal regime nazista
nel
1940
nella
città
vecchia di
Varsavia
e
fu il più grande ghetto
europeo.
La zona, conosciuta come l'antico "ghetto
ebraico" di
Varsavia, prima dello scoppio della seconda
guerra mondiale era
abitata in prevalenza da ebrei.
II. La storia del Ghetto
di Varsavia
Il ghetto di Varsavia fu
istituito nell’ottobre 1940. I tedeschi fecero costruire dei muri
per isolare un quartiere in cui avviavano ebrei espulsi dalla
provincia e i 140mila ebrei di Varsavia, mentre i cristiani che vi
risiedevano dovettero trasferirsi altrove. Dal 16 novembre gli ebrei
non poterono più uscire dal ghetto senza speciale autorizzazione. Si
trattava di gente di tutte le età, di tutte le professioni, di tutte
le classi sociali, con cultura e lingua diversi (l'ebreo ortodosso
parlava solo l’yiddish, l'ebreo istruito il polacco). C’erano
anche ebrei convertiti che frequentavano le tre chiese del ghetto.
Tutti dovevano portare una fascia al braccio, con la stella di David
III. Quotidianità
all'interno del ghetto
Il
ghetto di Varsavia era amministrato da un Consiglio Ebraico,
Judenrat, nominato dai tedeschi, presieduto dall'ingegnere Adam
Czerniakow. Venne istituito un corpo di polizia ebraica; furono
imposte delle tasse, per tentare di soccorrere i più poveri.
Spettava al Consiglio fornire la manodopera richiesta dai tedeschi.
Gli abitanti potevano uscire solo per il lavoro:
sentinelle polacche e tedesche stavano a guardia delle quattordici
porte di entrata, sparando sugli ebrei che si avvicinavano troppo. Le
linee tranviarie, erano state interrotte (una linea speciale di tram
che portava la stella di Sion, funzionava all'interno del ghetto). La
posta era proibita. La fame dominava la vita nel ghetto. Il processo
di lenta denutrizione, controllato dall’autorità tedesca, veniva
programmato in modo tale da impedire ogni tipo di resistenza. Era una
sofferenza quotidiana che affliggeva più della metà della
popolazione, lasciandola in uno stato di prostrazione e di estrema
miseria che rendeva vana l’aspirazione alla rivolta, in uno stato
di profonda disperazione morale e psichica.
IV.
Differenze tra il Ghetto di Varsavia e il ghetti di Lodz.
Sempre
tenendo presente una tipologia estremamente ampia e complessa di
ghetti che richiede grande cautela nella generalizzazione, è
significativo comparare la situazione dei due più grandi ghetti
istituiti nella Polonia occupata, quello di Lodz, nel Warthegau
(parte annessa) e quello di Varsavia nel Governatorato Generale
(parte occupata). Entrambi i ghetti venivano
isolati dal mondo esterno e sorvegliati da guardie tedesche e
polacche, allo scopo di impedire agli ebrei di scappare, ma anche di
contrastare i contatti tra ebrei e non ebrei e ogni possibile scambio
di viveri o di informazioni. Vi
era la polizia
ebraica all’ingresso del ghetto di Varsavia. Il ghetto di Lodz, a
differenza di quello di Varsavia, non era
chiuso da alte mura, ma “solo” da palizzate di legno e da filo
spinato. Tuttavia non ers
il tipo di recinzione a fare la differenza ma la modalità di
sorveglianza attuata dall’occupante. Se a Varsavia qualche
tentativo di uscire dal ghetto riusciva
ad effettuarsi con successo (per esempio i ragazzini che scavavano
cunicoli sotto le mura per uscire dalla parte “ariana” e
cercavano
di procurare
cibo per le proprie famiglie, a rischio di essere fucilati sul
posto), Lodz rimaneva
chiuso ermeticamente alla popolazione che viveva
al di là dei suoi confini. Secondo il grande storico Ysrael Gutmann
che ha studiato il ghetto di Lodz, qui era
praticamente impossibile contrabbandare cibo e altri mezzi di
sussistenza. Va ricordato che il ghetto di Lodz si trovava
in una regione già popolata da molti tedeschi e era
destinata
secondo i piani nazisti a essere totalmente germanizzata, previa
evacuazione dei polacchi e degli ebrei non indispensabili al lavoro.
Pertanto, inizialmente doveva costituire solo un ghetto temporaneo in
attesa di realizzare il trasferimento degli ebrei più a est.
Paradossalmente, invece, Lodz rimarrà aperto fino all’agosto 1944,
quando tutti gli altri ghetti, incluso quello di Varsavia, erano già
stati distrutti e i loro abitanti assassinati. Le ragioni di tale
longevità stanno nello sfruttamento intensivo del lavoro coatto
degli ebrei del ghetto, messi tutti al servizio delle industrie del
Reich (in particolare per la produzione di divise militari).
La fine del Ghetto di
Varsavia
I. La grande
deportazione (22 luglio 1942 – 21 settembre 1942)
Iniziata
il 22 luglio 1942, la “grande deportazione” ha avuto
come
destinazione il centro di sterminio di Treblinka, istituito nei
pressi del villaggio omonimo, a 80 Km a nord-ovest di Varsavia. Qui
verranno deportati dal ghetto più di 280.000 ebrei e uccisi nelle
camere a gas. Dal 22 al 30 luglio 1942, le SS hanno
diretto gli arresti e le deportazioni, lasciando però il grosso del
lavoro alla polizia ebraica. La tecnica di rastrellamento avveniva in
maniera organizzata. Fin dalle prime ore dell’alba, le strade del
ghetto venivano sbarrate, gli edifici circondati e passati al
setaccio dalle forze d’ordine, ogni minimo spazio delle abitazioni
veniva ispezionato, con l’ausilio di 2000 cani poliziotto.
Tra
i primi ad essere inviati alla morte vi furono
i bambini degli orfanotrofi.
Il terrore dilagava nel ghetto. In modo particolare
dal 6 al 10 settembre 1942, quando tutta la popolazione rimasta venne
raggruppata e insediata all’interno di un quadrilatero ristretto.
L’Aktion si concluse il 12 settembre. Un’altra ondata di
deportazioni ha avuto luogo il 21 settembre, giorno di Kippur, quando
anche i membri della polizia ebraica del ghetto e i loro famigliari
furono deportati.
II.
la rivolta e la distruzione del ghetto
L’episodio
più celebre della resistenza ebraica nel periodo dei ghetti, anche
se non fu l’unico, è la rivolta scoppiata all’interno del ghetto
di Varsavia tra il 19 aprile e il 16 maggio 1943. Già
dal settembre 1942, il movimento ebraico di resistenza clandestino
aveva assunto la decisione di organizzare una resistenza armata,
cercando alleanze e collaborazioni con i militanti anti-nazisti
polacchi che erano gli unici in grado di contrabbandare armi
all’interno del perimetro del ghetto. Grazie a questa
collaborazione, alcune centinaia di giovani ebrei, dotati di poche
armi ma di molto coraggio, riuscirono a ribellarsi e a tener testa
per circa tre settimane ad un gruppo ben più numeroso di soldati e
SS tedeschi, meglio equipaggiati per la lotta. Gli ebrei in rivolta
sapevano perfettamente di non avere alcuna speranza di vincere e che
sarebbero usciti morti dal ghetto, ma quello che volevano era
rimanere in vita il più a lungo possibile e soprattutto impegnare,
logorare i tedeschi nella battaglia. I nazisti, impressionati dalla
resistenza degli ebrei del ghetto, furono costretti a chiamare
rinforzi, fino a decidere di bruciare tutte le case e i palazzi. Solo
80 combattenti del ghetto riusciranno ad uscire vivi dalla rivolta,
passando dalle fogne verso la parte “ariana di Varsavia”, ma
alcuni periranno poi nell’insurrezione della città dell’estate
1944. I superstiti del ghetto furono deportati e uccisi nelle camere
a gas di Treblinka.
Conclusione
Il Ghetto di Varsavia
simboleggia l’espulsione di un popolo dalla specie umana, prima
della sua messa a morte. La convinzione tipica della nostra modernità
secondo la quale “tutto è possibile” ha trovato la sua prima
applicazione concreta nell’assassinio di massa, in particolare
nell’assassinio dei bambini, che costituisce la caratteristica
principale di un genocidio. La distruzione di Varsavia resta
esemplare del processo di distruzione degli ebrei d’Europa.
Sitografia
In lingua italiana:
In
lingua francese:
Bibliografia
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Yad Vashem| Scuola Internazionale di Studi sulla Shoah – Vita quotidiana nel Ghetto di Varsavia, 1941 (Israele 2012).